a cura di Daniele Gaudiano
Una grande quiete. L'aria gelida si è vestita di opacità e rende ogni cosa imperturbabile sul lungarno pisano. I colori caldi delle luci urbane, sembrano sospesi nella sempiterna attesa di un colpo di vento che spazi via quel velo brumoso che li avvolge, offuscandone il contorno impedendone la visione nitida, ben definita. L'elegante architettura gotica tardo quattrocentesca del Palazzo Agostini demarca un serraglio climatico e cromatico, al di là del quale la placida caligine del contorno cittadino, non trova accesso: l'edificio adiacente è attraversato alla base dal piccolo Vicolo del Tidi, e anch'esso spezza con il decadente torpore disseminato per le vie di Pisa. Traversando questo passaggio, si accede alle porte del Cinema Teatro Lumiere. La soglia della sala sferra dolcemente una presa irresistibile, alla quale è inutile opporre resistenza. Da quella porta si propaga una seducente ombra oltremare che lambisce sinuosamente la parete dell'androne, contaminando la sua tinta eburnea: là dentro, soggiace nella penombra, un'equilibrata tensione tra le tonalità blu dei fari di scena e quelle scarlatte delle poche poltroncine adunate attorno alla consolle del fonico, posta al centro della platea.
La poca affluenza di pubblico - a dire il vero raramente cospicua in queste occasioni - pare non voglia sconfessare ancora una volta la costante che troppo spesso si ripete in questa parte di Toscana, con gruppi musicali della scena Indie Alternative internazionale: i Fenster hanno un grande seguito in Europa, Regno Unito e Stati Uniti, consolidato da un repertorio vasto, eclettico, in mutazione continua alla ricerca della perfetta trasposizione chimerica, sognata e illusoria della realtà attraverso la musica, pertanto è un'inspiegabile miopia quella che porta a questa consueta desolata vacuità. Confidiamo nel buon lavoro degli oculisti!
Tutta quella ristagnante quiescenza stillata in ogni recesso della città che ci ha scortati lungo il cammino fin dentro il locale, diviene al suo interno una stasi linfatica essenziale per fermentare un'atmosfera narcolettica congeniale ai Nostri. Il suono ammaliante, pulito e intelligente dei Talking Heads proposti in cassa dal DJ, dissipa ogni silente tensione in attesa dell'evento in cartello, e agisce da propulsore inerziale di un'orbita che parte dal pop elegante della storica band di New York - profondamente cogitato e definito - per arrivare a quello ipnagogico e psichedelico del gruppo in cartello. Le tracce successive - tra le quali quelle di Sam Evian e dei Foxwarren di Andy Shauf - selezionate per aprire il concerto dell'ensemble cosmopolita di stanza a Berlino, svelano un avvicinamento a quella che è la loro onirica delicatezza profusa nell'ultimo album studio "The Room", registrato proprio qui nella provincia pisana, nello studio Redroom a Vecchiano, a pochi chilometri di distanza dal mare.
Nel momento del loro arrivo sul palco si dilegua ogni percezione dei vacui spazi. La loro presenza riempie queste mancanze attraverso la genuina avvenenza della bassista newyorkese JJ Wheil, il sorriso sereno e contagioso del cantante e chitarrista tedesco Jonathan Jarzyna, la flemma imperturbabile del batterista e suo connazionale Rémi Letournelle e l'eccentricità del francese Lucas UFO Chantre; non perdono tempo. A dispetto dei non pervenuti, nulla sembra influire sulle intenzioni e sull'esecuzione, perché per i Fenster quei vuoti sono campi da riempire danzando. E così, sin dal primo brano eseguito - l'inedito Semaforo, liberamente ispirato al regolatore di flusso stradale - i quattro accennano un divertente molleggiamento sincrono sulle ginocchia ad ogni colpo sulla grancassa di Letournelle, con lo scopo di allineare i propri impulsi e convogliarli nell'atto di conquista dei nostri occhi, della nostra percezione, e assistervi è esilarante. La coralità spensierata che ricorda le esibizioni dei migliori Metronomy nel tour promozionale di "Love Letters" nel 2014, e che appare come il ballo iniziatico del Loro rituale per renderci vulnerabili, tele bianche, su cui possano tingere liberamente. Una volta abbandonate le luci semaforiche alle nostre spalle, si entra nelle stanze di “The Room” attraverso Rythm A, con la sua escursione antologica fra diversi registri allucinati che ricordano la psichedelia barocca di Jacco Gardner fusa a quella ancor più lisergica di Morgan Delt o Jack Name da una parte, e la decostruzione post-yuppies dei newyorchesi The Stepkids di matrice byrneiana dall'altra: il risultato è una melodia piacevolmente sfuggente e scomposta in un morbido crossover math-rock.
La track più dirompente dell'ultimo Lp, HBW, arriva subito: sospesa fra suoni cosmici di chitarra e synth, e quelli cristallini delle campane tubolari suonate da JJ, tutti ancorati ad una linea di basso e di batteria kraut-rock in chiave proto-new wave. É il momento del sensualissimo funky-soul di Groovin' with the Eternal Now, perfettamente fedele alla versione studio con il talento alla chitarra solista di Lucas UFO che inizia a prendere il sopravvento con evoluzioni virtuose, immerso in una schiuma narcotizzante tanto cara anche a Connan Mockasin e Ariel Pink. La titletrack The Room, si srotola attorno al riff risolutivo e spensierato dal sapore estivo suonato da Jarzyna, ed è il primo momento della serata in cui il mare esonda pacatamente in sala chiudendo il primo assaggio dell'omonimo disco, che ritornerà successivamente con la spensierata cavalcata psicostimolante di HAHA lol, sostenuta alla base da una dirompenza tribale che esalta le doti del batterista Letournelle. I cori allestiti dalle voci della Wheil e di Jarzyna avviano l'incipit di Mirrors, dandoci accesso alle “grotte rosa” del mondo visionario dipinto in "The Pink Caves" nel 2014, e del quale sfoggiano anche il sontuoso folk dalla lenta galoppata di Cat emperor, tenuta in serbo per il bis concesso alla fine. Nel penultimo capitolo della discografia del quartetto, "Emocean" del 2015, hanno elaborato un concept-album che ha previsto l'integrazione al progetto di un film che ne condivide titolo e intenti, dalle sfumature distopiche, in cui i protagonisti – gli stessi membri del complesso – vivono una realtà condannata all'apatia e dove Tutto è fittizio, illusorio. L'abbandono della realtà riesce alla perfezione. In Emocean trionfa con successo la vena sperimentalistica dei Fenster, balenando tra le ondate interstellari degli Ash Ra Tempel, Cluster e alcune sinistre introspezioni dei Faust e The Residents – Eyeland e Mental Blues su tutte. Memories, il primo brano tratto da questa opera eseguito al Lumiere, ne è anche il frammento più famoso, di maggior successo: una canzone squisita, perfettamente fruibile, una vera hit da estate rovente corredata di sfumature passionali e provocanti. Nella perfomance strumentale di Phantasia i cardini dell'ordinario vengono abbattuti con le fluttuanti note suonate da UFO in perfetto stile Manuel Gottsching e da un impianto vagamente progressive che manifesta le eccellenti qualità di ognuno.
I Fenster hanno dimostrato dei meriti che superano di gran lunga quelli riconosciutogli in questa serata dalla popolazione di musicofili di Pisa e dintorni. Queste sono serate che non possono essere valutate proporzionalmente alla quantità delle persone accorse e, a giudicare da quanto asserito da Jarzyna a fine concerto, per nessuno di loro questo sarebbe stato essenziale questa volta: secondo quanto ammesso dal cantante tedesco di origine polacca, potersi esibire a Pisa avrebbe avuto un significato speciale per il gruppo, in quanto - come già ribadito - proprio nei dintorni della Torre Pendente è stato inciso l'ultimo album “The Room”: è stato il compimento di una figura geometrica nata in questa provincia mesi e mesi fa, che probabilmente ha visto contemplare anche il placido mare e la storia assopita di questi luoghi. Stasera i Fenster hanno ammansito il kraut con il profumo della salsedine, portandoci ne La Stanza la cui Finestra si affaccia sulla Fantasia di un Eterno Presente, dove si possa ridere dei Ricordi, gustando la Loro musica.
Comments